Non sono pazze le cartelle …ma sicuramente inopportune, ingiustificate e contro legge la loro emissione.
Gli agricoltori del comune di Decollatura e dei paesi vicini sono in agitazione, almeno una minoranza!!
E’ di questi giorni l’inizio da parte di Equitalia di cartelle esattoriali rimesse per conto del Consorzio di Bonifica Tirreno Catanzarese.
I destinatari sono rimasti “sbigottiti” ed hanno cercato di capire a che cosa si riferissero non avendo mai sentito parlare, nella zona, di un Ente denominato Consorzio di Bonifica né della funzione svolta sul territorio comunale.
Mai il Consorzio ha realizzato opere di alcun tipo, sin dalla sua istituzione, risalente ai primi anni ’30 – nell’ambito del comune ed al servizio degli agricoltori e, mai, ha speso somme di denaro per interventi tesi alla manutenzione ed eventuale miglioramento di opere mai realizzate.
Ed allora non si capisce l’imposizione di un tributo non dovuto che assume, quindi, il significato di una vera e propria RAPINA – in un periodo di grave crisi economica mondiale – italiana e segnatamente calabrese.
Meno comprensibile la circostanza che dette cartelle siano state recapitate ad un numero limitato di agricoltori, circa 1/3 rispetto al numero di proprietari inclusi nel perimetro consortile.
E a tal proposito ci piacerebbe conoscere i criteri che hanno guidato l’amministrazione consortile – in tale operazione selettiva.
Né sembra siano stati forniti agli agricoltori – preventivamente chiarimenti in merito – da parte delle istituzioni consortili. Eppure i ruoli, prima di essere emessi, vengono approvati dall’amministrazione dell’Ente.
Si osserva al di là di ogni ulteriore argomentazione che per le cartelle esattoriali emesse e relativi tributi, mancano i presupposti impositivi e, pertanto, l’emissione delle stesse e la pretesa impositiva è illegittima ed eseguita in deroga alle leggi vigenti.
Le quali leggi pongono a base dell’imposizione del tributo il “beneficio DIRETTO”, derivante dalle opere di bonifica agli immobili sia agricoli che extragricoli (art. 11 DL n°215 del 13-02-1933 – art. 860 del c.c.).
<<Ai fini della determinazione dell’ammontare dei contributi art. 23 Legge Regionale n°11/2003, il consorzio provvede alla predisposizione di un piano di classifica degli immobili del comprensorio, che individua i Benefici che essi traggono dall’attività svolta dal consorzio stabilendo gli indici di beneficio per ciascun immobile>>.
L’ammontare del contributo dovuto annualmente da ciascun consorziato è determinato con il PIANO ANNUALE di riparto delle spese, che viene allegato al bilancio di previsione e, contestualmente approvato (art. 6 ultimo comma – statuto consortile).
L’Ente è fornito di tali imprescindibili strumenti per l’imposizione dei tributi? Se così fosse che li metta a disposizione degli agricoltori come d’obbligo, per ogni necessario controllo.
Si ribadisce che oggettivamente il contributo di bonifica è condizionato dal duplice presupposto:
a-      che la proprietà dell’immobile ricada nel perimetro comprensorio di bonifica;
b-     che all’immobile siano derivati benefici: diretti – specifici –concreti.
Tutto ciò è quanto sostenuto dalla giurisprudenza di merito oltre che dalla cassazione; tutti concordi nel riconoscere che il contributo consortile è determinato in ragione del beneficio risentito dagli immobili siti nel comprensorio a seguito dell’attività del consorzio.
Sono esclusi, viceversa, dal pagamento del tributo i proprietari degli immobili inclusi nel comprensorio, ma che non traggono beneficio alcuno dalle opere di bonifica.
Tra le numerose sentenze di Tribunali e Cassazione nonchè copiosa documentazione e sentenze delle varie Commissioni Tributarie delle diverse città italiane, si cita la sentenza n°57 del 19 aprile 2005 della Commissione Tributaria di Cosenza, prima sezione, secondo la quale “deve essere data la prova dal Consorzio, che i beni sottoposti a contribuzione godono di BENEFICI CONCRETI”.
In mancanza di questa prova – per legittimare “l’imposizione” il contributo consortile non è dovuto.
Così le sezioni unite della Cassazione con n°2 sentenze del 1996 – con cui si ribadiva che il beneficio deve essere diretto ed incrementativo del valore dell’immobile, senza il quale l’imposizione consortile non può trovare giustificazione.
Orbene appare evidente, da quanto brevemente esposto in precedenza, che il consorzio non ha alcun titolo ad emettere tributi, non avendo mai operato nell’ambito del territorio comunale – e non avendo quindi prodotto benefici alla proprietà fondiaria.
Né è giustificabile l’argomentazione che il tributo è teso a garantire “il conseguimento dei fini istituzionali dell’ente consortile” – perché, in tal caso, il consorzio si trasformerebbe da ente al servizio dell’agricoltura produttore di servizi, in un ente parassita dell’agricoltura e degli agricoltori -  e ciò è assolutamente intollerabile ed immorale in un periodo di così grave congiuntura economica, in cui tutti i giorni la stampa a gran voce parla di tagli alla spesa (spending review).
Significherebbe inoltre che il consorzio ha imboccato il viale del tramonto ed è in prossimità del capolinea.
Il tutto nel silenzio più assoluto e colpevole delle istituzioni, le quali, pur a conoscenza di tali gravi ed incresciose situazioni, non intervengono per porre riparo a palesi ingiustizie.
Del resto la riforma dei consorzi operata solo 4 anni fa – dalla precedente amministrazione Regionale –enfatizzata da facili “strilloni” come riforma “epocale” – esempio unico da esportare nelle altre regioni italiane, avere modello di virtuosa operosità si è rivelata sostanzialmente un clamoroso “BLUF”.
Le proteste degli agricoltori, ne è un piccolo ma eclatante esempio, che rischia di contagiare tutti gli altri comuni che presentano le medesime caratteristiche.
Il territorio comunale colpito dai tributi è assolutamente montano: coperto per i 2/3 della superficie da lussureggianti formazioni boschive di conifere e latifoglie allo stato puro e misto (circa 3.500 ha).
Viceversa un terzo della superficie (circa 1.500 ha) ̬ terreno agricolo Рin gran parte abbandonato Рfacile preda e dominio di formazioni cespugliose spontanee di specie varia.
L’altitudine del centro abitato è di 750 metri, mentre il territorio comunale si spinge fino ai 1.000 s.l.m..
Ebbene il perimetro consortile ha incluso l’intero territorio assoggettando, probabilmente, a tributo i proprietari boschivi che nulla hanno a che fare con la bonifica.
La legge 11/2003 art. 13 comma 3 riferisce: <<allorché le esigenze del bacino idrografico lo esigano, i consorzi possono operare anche al di sopra di mt. 300 s.l.m..
Il che ribadisce che operare al di sopra dei 300 metri s.l.m. è rappresentato solo da uno stato di necessità.
Viceversa nel caso specifico la superficie del territorio comunale è stata inclusa nel perimetro consortile nella sua interezza o quasi e fino alle altitudini massime (qualche comune fino ai 1.500 – 1.600 metri) con un “dichiarato stato di necessitàgeneralizzato!!
Viene da pensare che tale generalizzato “sconfinamento” sia finalizzato a raccattare i fondi necessari alla sopravvivenza degli enti consortili, i quali avrebbero dovuto trasformarsi prima onde adeguarsi al mutamento dei tempi – pena il declino e l’oblio!
Tutto ciò dimostra che anche le istituzioni con molta disinvoltura hanno proceduto all’approvazione dei nuovi perimetri consortili, privilegiando sicuramente gli interessi dei consorzi e disattendendo, nel contempo, quelli degli agricoltori della medio-alta collina e dei territori di montagna.
In tali territori gli enti menzionati mai hanno svolto attività alcuna, per cui nella considerazione degli agricoltori, i consorzi, inevitabilmente appaiono come enti “parassiti” che invece di fornire servizi e sostegno all’agricoltura ne richiedono il supporto contributivo, teso esclusivamente alla loro sopravvivenza.
E’ necessario, pertanto, che le istituzioni in ossequio alla “spending review” tanto conclamata dal governo nazionale – metta mano con urgenza ad una nuova riforma – meno osannata e propagandata della precedente – ma più consona alle diversificate esigenze del territorio e degli agricoltori, fissandone i limiti territoriali al fine di evitare facili ed arbitrari transumanze. Solo in presenza di servizi ricevuti e dimostrati, gli agricoltori, pur nelle evidenti e tangibili difficoltà del momento, onorerebbero il pagamento dei tributi emessi e, nel contempo, l’Ente recupererebbe quella – credibilità – acquisita con pieno merito in un passato remoto ed oggi in gran parte compromessa e dimenticata.